È comune per molti genitori domandarsi se il tempo che i loro figli passano giocando ai videogiochi sia segno di una dipendenza. Questa preoccupazione cresce quando i giovani manifestano interesse a perseguire una carriera nell’eSport. Ma cosa significa diventare un professional gamer, e quanto può influire il gaming intensivo sulla salute mentale e comportamentale?

L’eSport, o sport elettronico, è una disciplina competitiva che coinvolge videogiocatori professionisti. Questi atleti digitali competono in tornei di alto livello, spesso con premi in denaro, sponsorizzazioni e contratti di lavoro simili a quelli degli sportivi tradizionali. Tuttavia, questa carriera richiede lunghe ore di allenamento (fino a 8-10 ore al giorno) e può facilmente suscitare dubbi sul confine tra dedizione professionale e dipendenza patologica.

Dipendenza patologica vs. professional gaming

Per comprendere se i progamer siano effettivamente dipendenti, è importante chiarire cosa si intende per “dipendenza patologica“. Questa si verifica quando un comportamento, inizialmente legato al piacere, si trasforma in una ricerca incontrollabile di gratificazione, compromettendo le capacità di autoregolazione della persona. Dunque il gaming diventa una ricerca compulsiva, interferendo con la vita quotidiana, le relazioni personale e, più in generale, col benessere psicosociale della persona.

La persona con comportamenti problematici legati al gioco sperimenta una grande incapacità e difficoltà a “staccarsi dallo schermo”, una costante preoccupazione per il gioco e una perdita di controllo su tutte le altre aree della vita.

Nel contesto dell’eSport, il rischio di sviluppare dipendenze può sembrare maggiore rispetto ai giocatori occasionali, poiché il tempo passato a giocare è molto superiore. Tuttavia, gli studi indicano che la vera differenza sta nel modo in cui i progamer regolano le loro emozioni e il loro comportamento.

Le differenze neurologiche tra progamer e giocatori patologici

Uno degli studi più recenti condotti da Han e colleghi (2018) ha confrontato le attività cerebrali di tre gruppi distinti: videogiocatori con dipendenza da giochi online, progamer e non giocatori. Il risultato più sorprendente è stato che, mentre i giocatori patologici mostravano una riduzione nel volume della corteccia cingolata anteriore, un’area cruciale per la regolazione emotiva, i progamer presentavano un aumento del volume in quest’area, associato a una maggiore capacità di gestire lo stress e l’inibizione di comportamenti impulsivi. Questi risultati indicano che i progamer sviluppano una maggiore flessibilità cognitiva, fondamentale per vincere nelle competizioni.

Anche uno studio di Hyun, Shin e colleghi (2019) conferma questi risultati, dimostrando che i progamer hanno un volume maggiore della corteccia frontale e parietale, aree del cervello associate al controllo motorio, alla memoria di lavoro e alla pianificazione strategica. Questo suggerisce che, mentre i giocatori patologici sono guidati da una ricerca compulsiva di gratificazione, i progamer adottano un approccio molto più regolato e disciplinato al gioco.

L’importanza della regolazione emotiva nell’eSport

Dunque, l’elemento che distingue nettamente un progamer da un giocatore con dipendenza è l’abilità di scegliere, di stare e di regolare le proprie emozioni. Gli atleti digitali non solo devono allenarsi, ma devono anche gestire lo stress derivante dalla competizione e le pressioni sociali, mantenere la concentrazione per lunghi periodi di tempo e affrontare le sconfitte con resilienza. A differenza dei giocatori patologici, che giocano principalmente per alleviare emozioni negative o per sfuggire alla realtà (e.g., escapismo), i progamer utilizzano tecniche di regolazione emotiva per ottimizzare le loro prestazioni.

Questo aspetto si riflette anche nelle pratiche di self-care adottate da molte organizzazioni eSportive professionali. Sempre più squadre investono in supporto psicologico e programmi di benessere per i loro giocatori, consapevoli dei rischi connessi allo stress e all’esaurimento psicofisico. Le strategie di gestione emotiva e il monitoraggio della salute mentale sono diventate una componente fondamentale nel mantenere gli atleti eSportivi in forma ottimale, proprio come accade negli sport tradizionali.

Dipendenza o carriera? La linea sottile

Chiaramente i progamer dedicano una quantità significativa di tempo ai videogiochi, ma appunto ciò non è necessario per indicare una dipendenza patologica. La chiave sta nella gestione del tempo, delle emozioni e degli obiettivi. I professionisti del gaming non giocano semplicemente per piacere o fuga dalla realtà, ma per raggiungere traguardi concreti in un contesto competitivo altamente strutturato. Il loro impegno è regolato da piani di allenamento rigorosi e da una forte disciplina, aspetti che li differenziano notevolmente dai giocatori con gioco problematico.

In generale, la chiave per prevenire il rischio di dipendenza sta nel bilanciare correttamente il tempo dedicato al gioco con altre attività e nel mantenere una mentalità orientata al benessere personale e al miglioramento costante.

Se senti che il tempo trascorso da te o da qualcuno che conosci con i videogiochi non è di qualità o sta diventando una fonte di preoccupazione, contattami per una consulenza personalizzata su come rendere l’esperienza di gioco uno strumento di crescita e benessere.

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Elena Del Fante

Psicologa del Gaming, iscritta all'Ordine degli Psicologi della Toscana (n° 10.279). Video Game Therapist. Videogiochi per il benessere. Founder Play Better. Competitive Player & Admin Halo Italia

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